“Niente quanto una guerra ingiusta frantuma la dignità dell’uomo”: queste le parole di Oriana Fallaci che riecheggiano in queste ultime settimane accompagnando i venti di odio e di conflitto che pervadono varie zone del mondo, non ultima la Terra Santa. Correnti che soffiano senza tregua sulla Striscia di Gaza, dopo l’attacco di Hamas contro Israele dello scorso 7 ottobre, e che preoccupano il mondo intero.

In queste ore di tensione, sembra incredibile pensare che questo profondo e radicato strappo tra Palestina ed Israele abbia vissuto un periodo di tregua. La mente va alla nona edizione del La Partita del Cuore in scena allo stadio Olimpico di Roma, nell’anno del Giubileo.

Una serata straordinaria dedicata alla pace, impreziosita dalla storica presenza del leader palestinese Yasser Arafat e dall’ex primo ministro e futuro ministro degli esteri israeliano Shimon Peres. Era il 25 maggio del 2000 e, soltanto pochi mesi dopo, sarebbe iniziata la Seconda Intifada con la rivolta palestinese esplosa a Gerusalemme il 28 settembre di quello stesso anno.

Ma in momenti come questi, la nostra memoria si concentra a quel pacifico giorno di primavera e a quella straordinaria impresa della Nazionale Italiana Cantanti, che riuscì a far scendere in campo una formazione composta sia da calciatori israeliani che palestinesi, denominata All Stars for Peace e allenata per l’occasione dal pallone d’oro Michel Platini.

Tra gli artefici di quell’impresa c’era Gian Luca Pecchini, direttore generale della Nic, che in una bella intervista rilasciata in questi giorni a “La Voce di Mantova” ha raccontato: «Lo considero il momento più alto della mia ultraquarantennale storia con la Nazionale Cantanti. Tutto era partito da un legame di stima e amicizia con l’ex calciatore Daniele Tani, che avevo conosciuto ai tempi in cui ero dirigente del Rimini. Tani era amico dell’arcivescovo Pietro Sambi, che in quegli anni era anche rappresentante papale in Israele e delegato apostolico per Gerusalemme e la Palestina. Era il 1999 e si stava preparando la storica visita di Giovanni Paolo II in Terra Santa. Tani mi raccontò che, tra le tante iniziative a corollario di questi eventi straordinari volti a rafforzare il dialogo tra le parti, si stava pensando anche a un evento di calcio planetario. Fu lo stesso Sambi a caldeggiarlo, favorendo l’idea di far scendere in campo giocatori di entrambi i Paesi».

Insomma, il terreno fertile per la Nazionale Cantanti, da sempre sensibile a temi socio-solidali, a sostegno della pace e del dialogo: «A quel punto, organizzammo un viaggio a Gerusalemme – prosegue Pecchini – dove incontrai Sambi che con una mano chiamava al telefono Arafat e con l’altra Peres. L’accordo venne raggiunto e gli angoli appuntiti vennero smussati».

Così, tramite l’associazione “Peres Center For Peace”, la gigantesca macchina organizzativa de La Partita del Cuore si mise in moto: «L’idea iniziale era quella di realizzare l’evento in Terra Santa – rivela il dg – ma per motivi di sicurezza ci dissero che non era possibile. Venne scelta Roma, che stava diventando la sede centrale degli accordi. C’era fibrillazione e curiosità, anche da parte degli stessi leader. Ricordo che Peres mi prese da parte per chiedermi se giocasse Roberto Baggio. Insieme a lui, c’erano anche altre stelle dello sport, da Pelè a Michael Schumacher, senza dimenticare i big della musica italiana, quali Mogol, Gianni Morandi, Enrico Ruggeri, Eros Ramazzotti, Biagio Antonacci e tanti altri».

La partita terminò con il punteggio di 5 a 6 in favore della formazione avversaria. Come sempre, però, l’obiettivo era un altro: «Ovviamente il risultato calcistico valeva zero – precisa sempre Pecchini – a contare era quello che eravamo riusciti a creare: un’iniziativa di portata storica che favorisse il dialogo e la ricerca della pace. Ricordo che al termine dell’incontro, Bruno Vespa condusse una speciale puntata di “Porta a Porta” direttamente dallo stadio Olimpico».

La Nazionale Cantanti tornò poi in Terra Santa nel 2019, quando le speranze di un’intesa in Medio Oriente sembravano affievolirsi, fino ai tragici e recenti accadimenti: «La differenza – conclude Gian Luca Pecchini – è che, al di là delle rispettive ragioni, allora c’erano esponenti politici più disponibili al confronto. Oggi, purtroppo, le armi hanno prevalso sulla volontà di dialogare. Troppe vittime, orrori e dolore, che alimentano inevitabilmente odio e continua sete di vendetta. Mi auguro possano ritornare presto le condizioni di dialogo, le stesse che in quei giorni del 2000 sembravano prevalere. In fin dei conti, non credo sia un’utopia: occorrono grandi, illuminate e coraggiose personalità del nostro tempo che ci provino. Perché la verità è che stiamo perdendo tutti. A volte mi chiedo: Chi sarà il San Francesco del ventunesimo secolo?».